22 settembre 2013

Il "mio" sindaco e la mia Università

Giovanni Barbagli

Prendo spunto dall' "interessante" conversazione tra la Gruber e Matteo Renzi a 8 e Mezzo per scrivere due righe su un argomento a me molto caro: l'istruzione superiore in Italia.


Tralasciando l'incredibile ( tale per un personaggio che vorrebbe essere il leader politico di questo paese ) ignoranza sull'argomento, mascherata dalla sua solita retorica, quello che mi stupisce di più è che non ho sentito nessuno nè in questa intervista nè in altre costruire. un discorso concreto sull'Università Italiana.
Ci provo io.
Ad oggi tutti fanno un gran parlare di ranking, il primo è proprio Renzi che cita correttamente la  non invidiabile posizione dell'Ateneo di Bologna il quale vanta la 188° posizione nella classifica mondiale, primo tra le Università italiane.
Ma queste liste servono a qualcosa, davvero? In un paese come l'italia ovviamente la risposta è "no". Questo, a mio parere, perchè l'Università Italiana si basa su di un finanziamento pubblico, non ha grandi afflussi di studenti dall'estero ( cioè non ha molto appeal ) e quindi la posizione nel ranking non influisce, come succede in altri paesi, sui fondi che essa riceve o sugli studenti che fanno domanda per essa. Detto ciò, è veramente come ha detto il nostro sindaco, che il vero problema dell'università sia il "gelminiano baronato"?
Anche qui, secondo me, la risposta è "no". Non fraintendiamo, il problema esiste, eccome, ve lo dice chi ha vissuto e lavora nel mondo dove il baronato si esprime nelle sue forme meno eleganti e più concrete ma non è questo che frena gli Atenei  e lo si può dimostrare. Dati alla mano, possiamo smentire immediatamente due luoghi comuni: troppi laureati/ troppi professori ed un offerta formativa ipertrofica per abitante. Infatti questa storia è stata per anni ripetuta a tutti dalla maggior parte degli organi di stampa, ma è davvero così?

Fig.1 Numero di Atenei per abitante 

Come spesso accade, no, e lo dimostriamo dati alla mano. In Italia, considerando anche le Università Telematiche ( sulla qualità formativa delle quali non mi esprimo ) il numero di Atenei per milioni di abitanti è imbarazzante (Fig.1) così come, anche peggio, è il dato relativo alla % di abitanti tra i 25 ed i 34 anni con un titolo di studio (Fig.2). A mio parere il dato incredibile è proprio quest'ultimo, soprattutto perchè è in netto contrasto con l'opinione pubblica che ormai in Italia tutti fanno l'Università e non lavorano, che i giovani Italia si parcheggino negli Atenei, supportati da mamma e babbo. Dati alla mano, non è così.





    Fig.2 Percentuale della popolazione “giovane” con in mano una laurea


Detto ciò, torniamo al problema del ranking. Dell'utilità nel nostro paese ne ho già discusso, quello che mi preme è focalizzarmi su due argomenti principali:

- concorrenti nella classifica
- l'unico ranking che dovrebbe contare per le università
 -Riguardo ai concorrenti, per essere paradigmatici prendiamo la prima della classe cioè la Harvard University, che ognianno riceve la bellezza di quasi 5MLD $con cui deve amministrare nove Facoltà mentre l'Università Italiana, TUTTA, prende tal FFO nemmeno 6 MLD, peramministrare 66 Atenei Come si fa a concorrere ad armi pari? Impossibile. Si potrebbe parlare dell'argomento "finanziamento all'università" ma il discorso sarebe lungo, troppo e magari scriverò qualcos'altro in questi giorni.
- I rankings che vengono pubblicati ogni anno e che ogni anno ci ricordano come l'italia sia fuori classifica non sono specchi veritieri della "salute" della ricerca universitaria in Italia. Da un lato questo ci denigra perchè facciamo sempre la figura dei perecottari, dall'altra ci dovrebbe esaltare perchè nonstante la situazione allarmante appena descritta se andiamo a vedere i dati pubblicati daSCIMAGO, per il periodo 1996-2012 l'Italia si posiziona ad un invidiabile ottavo posto. Questa particolare classifica viene stilata in base al numero di articoli accademici accettati dalle riviste di riferimento e di citazioni in altri articoli e libri di testo degli autori degli stessi. Cioè valuta il "peso specifico" di ciò che gli universitari italiani pensano e scrivono, ossia l'importanza che la ricerca italiana ha nel mondo. Ecco allora che, secondo me, questa dovrebbe essere l'unica classifica utile per valutare la salute dell'Istruzione Superiore nel nostro paese.
Ora, quindi, cosa ce ne facciamo degli "hub della ricerca" proposti da Renzi?

Ovviamente nulla, trattasi di altra proposta demagogica che in concreto non significa nulla. Invece di riprendere vecchi temi dell'epoca nera della Gelmini perchè il sindaco non parla di come passare più fondi alla ricerca e di come trovare ulteriori sovvenzioni per i nostri Atenei Il sottoscritto ha un idea molto diversa da quella della maggior parte della gente con cui ha parlato su come dovrebbero arrivare i fondi alle Università, idea su cui non mi soffermerò ma vorrei che i nostri presunti leader cominciassero a parlarne, a discutere meno di Ruby e più di Uni.