17 aprile 2013

Rodotà, ultima chiamata PD?

di Alessandro Bezzi

Dopo una presidenza tanto forte quanto discutibile come quella di Napolitano, è evidente che il ruolo che eserciterà il prossimo Capo dello Stato sarà determinante. Non un semplice garante delle istituzioni, ma anche intervento propositivo in uno scenario sempre più delicato sul piano politico ed economico, italiano ed europeo. Senza pensare,
ovviamente, al ruolo che potrebbe avere fin dalla sua elezione nel risolvere l’inedito stallo partitico che sta vivendo il Parlamento. Una scelta delicatissima, destinata ad incidere sui rapporti di forza fin dalla sua elezione: mosse e contromosse delle forze partitiche riflettono l’ansia da campagna elettorale permanente, e molto si gioca proprio intorno al Quirinale.

A fare la prima (caotica) mossa è stato il M5S, che nelle sue Quirinarie ha fatto emergere una serie di nomi di indubbia levatura morale prima ancora che politica: Gabanelli, Strada, Rodotà; ma anche Prodi e Bonino. Un pantheon di nomi che sembra riassumere le varie anime della sinistra italiana: quasi una sintesi di quello che vorrebbe essere il Pd per il suo elettorato. Questo dimostra, tra l’altro, quanto molti grillini della prima ora siano provenienti da culture politiche di centrosinistra, a differenza del quadro distorto che spesso ci viene offerto. La vittoria di due figure lontane dalla politica – e francamente inadatte al ruolo – come Milena Gabanelli e Gino Strada ha aperto le porte alla candidatura di Rodotà, che in queste ore si sta facendo largo da più parti. Un candidato perfetto per esperienza e competenza; ma anche un candidato destinato a scardinare gli equilibri che il Pd stava tessendo con molta cura e troppa calma. Del resto, la querelle di uno sfrontato Renzi contro Marini e Finocchiaro (entrambi, a mio avviso, improponibili come candidati) dimostra che il caos regna sovrano.

In politica seguire le idee altrui non darà punti, ma quantomeno non li fa perdere: se il Pd avesse cavalcato alcune buone idee del M5S a suo tempo, ne avrebbe arginato la crescita. Anche i grillini non capirono, digerendo con troppa lentezza un’ottima candidatura come quella della Boldrini è stata una lezione. Adesso sembrano aver capito la lezione e, giocando d’anticipo, hanno messo il Pd in una scomoda posizione: o accetta Rodotà (e "non perde") o propone un candidato suo (Amato) che è troppo vicino all’establishment per non prestarsi ad accuse di inciucio, casta, etc. Non mi viene in mente un candidato della levatura di Rodotà, e forse l’unica alternativa credibile potrebbe essere Emma Bonino, che però non credo ce la faccia (neanche) stavolta. Prodi, infine, segnerebbe una spaccatura netta col PdL che non credo il Pd vorrebbe: senza pensare a quanto rivitalizzerebbe Berlusconi, il M5S non ha alcun interesse ad appoggiare una simile candidatura.

Mentre scrivo (ore 16:30) esce un’Ansa che mi obbliga a nuove riflessioni: Pier Luigi Bersani avrebbe presentato, a quanto si apprende, in un colloquio telefonico a Silvio Berlusconi la rosa dei candidati al Quirinale. Dalla rosa, composta da più nomi, le personalità prese in considerazione dal Cav, in queste ore, sarebbero Amato, D'Alema e Marini, che il leader Pdl avrebbe già incontrato.(ansa.it, 16:30).

A quanto pare, si va verso un accordo con le forze di centro-destra, che devasterebbe il Paese e, in secondo luogo, anche quel che resta del Pd. Infatti un simile accordo:
1: vorrebbe dire ricordare perennemente lo status quo del sistema e certificare, tempo 2 anni, la morte del Pd per palese incapacità di rinnovamento;
2: avrebbe alcune conseguenze in termini elettorali: risale il centrodestra, il 5Stelle (che sta calando molto meno di quanto Repubblica dica) si rivitalizza e il Pd perde tra giovani, terzo settore, etc. Già ora in molti si stanno mobilitando per Rodotà. Associazionismo, terzo settore, beni comuni, etc: un patrimonio di esperienze e culture che il Pd non può permettersi di perdere. Non accettare Rodotà per Amato rischia di allontanare il Pd da parte della sua base e consegnarla al 5 Stelle. E questo, ancora più dell'ennesima bagarre interna, ucciderebbe.
3: avrebbe effetti decisivi sulla leadership futura del Pd: anche vincendo le elezioni, una coabitazione con un soggetto storicamente vicino al partito e antitetico alle spinte renziane, sarebbe difficilissima.

Al Pd questa volta conviene accordarsi con i 5 Stelle e votare Rodotà, che per me sarebbe un ottimo Presidente: se non per convinzione, lo faccia almeno per evitare un altro, disastroso, autogol.