26 febbraio 2013

Un appello di sinistra


 di Filippo Barbagli


Il giorno dopo. Certo, io sono stato un ingenuo. Ho rimandato la mia partenza in treno nella speranza che forse ieri sera avrei potuto festeggiare una vittoria della coalizione di centro sinistra, oppure, almeno, la dipartita definitiva di Berlusconi dalla scena politica italiana. Ed invece è successo l'esatto contrario.




Ma non voglio scagliarmi contro quell'italiano su 4 che ha votato Grillo, né su coloro che hanno rivotato l'uomo che ci ha portato alla rovina. Vorrei che avessimo l'umiltà di attuare un esame di coscienza.E consiglierei anche ai sondaggisti, questi savii dei numeri della società, a farlo in altro modo. Perché, cristo santo, uno scarto di 7 punti non è proprio un errore da poco. Ci avete illuso come una storia d'amore soffocata alla nascita, come babbo natale  che non esiste.


Parlo come un elettore di sinistra. E mi rivolgo a coloro che s'identificano come tali. Per essere corretto, considerato chi ho votato, dovrei definirmi un elettore di centro-sinistra. Ma lo ammetto senza problemi, a me, questa definizione di centro-sinistra mi rimane un po' sul culo. E non perché sia un nostalgico di un PCI che non ho mai conosciuto, né perché mi senta orfano di un comunismo nei fatti mai esistito. Ma perché considero l'accezione di “centrismo”, applicata ad uno schieramento politico di sinistra -ed anche di destra- come un annacquamento della propria portata valoriale. Ed un'eredità, nel caso italiano, di un compromesso storico diabolico, l'ammissione della sconfitta che il nostro paese, per cultura storico-politica e tessuto sociale, non sarà mai di sinistra, e che essa debba spostarsi verso il centro, rinunciando a dei suoi valori, per vincere. Ecco perché la dottrina dell'elettore mediano la digerisco poco.Perché è un senso d'inferiorità che si traduce nel presunto contrario (ed un odio atavico) quando pensiamo agli elettori dello schieramento opposto. Anzi, dopo i risultati di ieri, degli schieramenti opposti. Ma è anche una rinuncia simbolica a quelle battaglie che la sinistra vera in Europa ha portato avanti per decenni, e che noi ci siamo ritrovati ad emulare in ritardo, scopiazzando talvolta anche in maniera pittoresca. Perché negli altri paesi non si parla di centro-sinistra, si parla di gauche e via dicendo. Senza paura. Con l'eccezione ovviamente della Gran Bretagna, della quale bipolarismo (pardon, bipartitismo) fortunatamente da noi sembra non attaccare: sia lodato il cielo, già abbiamo una classe politica poco coraggiosa, figuriamoci con un sistema politico stile inglese. Zero riforme, zero cambiamenti. Perché ragazzi miei, è bello raccontarci storielline sul successo del blairismo, ma la “terza via” è stata l'abdicazione ad alcuni valori fondamentali della sinistra, per salire sul carro dei vincitori del liberismo economico. Et voilà, a voi servito il capitalismo finanziario galoppante e tutte le sue cancrene.Ricordiamoci che il termine “terza via” fu coniato dai fascistelli nostrani e ripreso da gente tipo Peròn. Tanto per non fare altri nomi!

Si tratta comunque di avere umiltà. Ed anche una buona dose di realismo politico politico, adesso. E lo scrive uno che dell'idealismo e del “dover essere” kantiano ne ha fatto un po' una religione.Potevamo vincere. Certamente, non potevamo stra-vincere. Ma almeno fare meglio del 2006. Evidentemente non siamo stati capaci. Non è stato capace il segretario del PD, Pierluigi Bersani, la cui mancanza di capacità comunicativa ha forse pesato più del previsto. Non è stato capace Nichi Vendola, l'enfant prodige della sinistra che poi è cresciuto senza saper ottimizzare il suo capitale di valori, rimanendo bloccato in una narrazione, che il più delle volte pareva adatta ad una campagna epopea tipo Obama 2008, non ad un paese che danza orgiasticamente sul proprio declino. Non è stato capace il PD in generale, in quanto primo partito del centosinistra (sic!), a riottenere lo stesso successo delle primarie di novemebre-dicembre 2012, adagiandosi sugli allori e smacchiando i toni della propria campagna, praticamente inesistente, nelle ultime settimane prima del voto. Tuttavia non è stato capace neanche Matteo Renzi, il sindaco di Firenze che ha tentanto di togliere lo scettro a Bersani con le primarie. Perché, sebbene sia riuscito ad inserire nel PD -all'epoca istituzione più ossificata della Curia Romana, con cui condivide molte analogie- una dialettica di rottamazione, rinnovamento e secolarismo (inteso come: “ehi, le vostre cariche non dureranno per sempre”, capito Rosy?), dopo le primarie si è totalmente annichilito, privando il PD della possibilità di attirare gli elettori desiderosi di qualcosa di evidenti facce nuove. Al tempo dicevamo che i montiani erano più vicini a Renzi, forse sul piano politico sì, ma metto la mano sul fuoco che alcuni potenziali elettori hanno poi votato per il M5S, oppure non sono neanche usciti di casa. Da fiorentino non posso dire che Renzi doveva imperversare nella campagna spacciandosi per il prossimo importante ministro di qualcosa, a maggior ragione se il ragazzotto in questione ha fatto dei precisi calcoli politici, che adesso si stanno rivelando esatti.

Perché lo dico con il cuore in mano. Alle primarie votai prima Vendola e poi Bersani perché credevo che la coalizione di Italia Bene Comune avesse dovuto portare avanti una certa idea di sinistra, un programma preciso che differenziava da quello di Renzi su tematiche cruciali come economia e lavoro. Ed anche perché, conoscendo la storia politica del sindaco della mia città, non h creduto fino in fondo alla favola decantata della rottamazione, a meno che essa non fosse intesa come il prendere in prestito elementi,idee e personaggi di schieramenti un tempo opposti, tanto per fare un po' di magnetismo elettorale. Lo dicevo che forse ero stato troppo idealista, che magari con Renzi il PD avrebbe vinto senza troppi intoppi. Ma, perdindirindina, ho ragionato anche nei termini di sperare che il tempo, a mio avviso drammatico, in cui avremmo dovuto rinunciare ad alcune idee pur di vincere non era ancora arrivato. E mi sono sbagliato, perché mi è stata sbattuta in faccia la dimostrazione che questo tempo è arrivato da un bel pezzo. E non c'è niente per cui gioire.

Io sono caduto in fallo. Ma l'errore è stato anche di quelli di centrosinistra che avrebbero votato Renzi e poi, sconfessando in maniera infantile il meccanismo delle primarie, non hanno appoggiato il PD nella battaglia finale. Potevamo farcela questa volta, la democrazia vi ha imposto un candidato che non vi piaceva, ma era comunque il candidato del nostro schieramento. Bravi, complimenti.

Non resta che abbandonarsi al realismo politico, senza fare i voltagabbana. Se Bersani riuscirà a far nascere un governo (sto scrivendo sul treno, senza collegamenti con quello che succede questa mattina), che possa agire in un contesto di governabilità minima, vedremo cosa succede. Ma c'è da prendere in considerazione che come candidato, visto le possibilità di partenza, non è riuscito nel suo intento. Forse farsi da parte? Lasciare il testimone a Renzi? Sarebbe un gesto dettato dalla disperazione, che tra l'altro potrebbe nuocere alla stessa stella nascente del partito.  Ma forse potrebbe servire, nel caso fosse convocata un'altra consultazione popolare, ad assicurare ad una probabile nuova coalizione di centro-sinistra (sic!) una vittoria solida e senza incertezze. Certo, vuol dire ammettere che il tempo di alcuni valori di sinistra è finito, od almeno come sono intesi da una parte della classe politica. Ma vuol dire anche puntare sul “meno peggio”, tanto più se questo ci può  portare alla vittoria. In tal caso mi sento di fare un appello: se davvero dovesse prospettarsi tale scenario, va benissimo la nuova impostazione “blairiana”, ma non rinunciamo alla nostra storia, ai nostri valori su tematiche come lavoro ed economia, oggi più che mai drammaticamente importanti. Si tratta di trovare la giusta dialettica, in termini hegeliani, il giusto compromesso tra ciò che i tempi richiedono -al di là, ormai, di qualsiasi considerazione intangibile di valori- e l'identità di un'offerta politica che deve avere il coraggio di essere veramente progressista. Perché in questi tempi il conservatorismo, di qualunque forma, si è dimostrato essere un fallimento ed un pericolo. Magari una prima vittoria di centro-sinistra, anche con Renzi, potrebbe però buttare il germoglio di qualcosa di più grande in futuro.Non si tratta di fare i bambini, mi rivolgo a chi ha votato Renzi alle primarie e se l'è presa per il risultato, perché ricordiamoci che siamo tutti sulla stessa barca, che il gioco della democrazia è anche quello delle primarie, ed il "ve l'avevo detto", non porta a niente se non a vittimismi tipici di altri schieramenti politici.


Ora si tratta di avere una strategia diversa e disperata. E' come comprare una piscina gonfiabile da mettere in giardino, nell'attesa di avere soldi e permessi per la piscina in muratura. Tanto per usare una metafora “di sinistra”, visto i tempi che corrono.